Importanti maioliche italiane dal Rinascimento al Barocco

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Grande albarello biansato Faenza, 1601

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Descrizione

Grande albarello biansato Faenza, 1601

Maiolica Altezza cm 32; diametro piede cm 19; bocca cm 16,5 Le arpie hanno la testa rifatta in cotto e lacune integrate alle ali e alle code; in cotto risulta pure il colletto alla bocca. Provenienza: già raccolta Nino Ferrari di Genova
Ulteriori informazioni
L’opera, sebbene di grandi dimensioni, mantiene l’impianto tipico dell’albarello “a rocchetto”, ossia il corpo centrale cilindrico, bombature alla spalla e verso il piede, che è ampio e svasato; anche la bocca è ampia e presenta orlo estroflesso; il vaso è dotato di prese laterali, a tutto tondo modellate a foggia di arpie con estremità serpentiformi. Sull’intera superficie si dispone una decorazione “a raffaellesche” con mascheroni alati, girali fogliate e fasce ad ovuli al piede e alla bocca. Sulla zona mediana delle due facce è ripetuto lo stemma della famiglia Chiesa (o dalla Chiesa) di Cento, con scudo accartocciato, svolazzi e cimiero. Dipinto in arancio, blu, bruno, giallo e nero. Nonostante presenti diverse lacune integrate, che però fortunatamente non intaccano l’aspetto araldico, quest’opera costituisce comunque un bel documento. Essa infatti figurò alla storica Mostra dell’antica maiolica ligure, che si tenne a Genova nel 19391, in cui si ipotizzava fosse lavoro urbinate. La destinazione di opere come questa, di grandi dimensioni, la esplicita un vaso di identica foggia, decorato “a ricamo”, del Museo di Faenza, su cui è la scritta “Mustarda. Fina”, che nei corredi delle spezierie aveva prevalentemente finalità “da mostra”, posto pertanto a coronamento di lesene o mensole2 , in questo caso più che mai essendo assente la scritta farmaceutica. Da un punto di vista decorativo, la “raffaellesca” è distribuita secondo un impianto distributivo simmetrico, così interpretate dalla metà del ‘500 fino alla metà del secolo successivo ancora con la sensibilità dello stile “compendiario” dei “bianchi” di Faenza, ossia un repertorio agile, minuto, diramato e arioso, con girali, testine o mascheroni alati, ecc. Innumerevoli i campioni integri che offrono le collezioni del Museo faentino, che oltretutto conserva anche notevoli testimonianze frammentarie, sia di albarelli con le stesse arpie plastiche sia decorati con simili “raffaellesche” frutto di recuperi sul territorio. Circa l’aspetto araldico dell’opera, le fonti storiche attestano che la famiglia Chiesa veniva da Bologna, come peraltro conferma il Canetoli nel suo Blasone bolognese, 1791- 17953, che la include tra le “Famiglie nobili e cittadine”. I blasonari di Cento (c, d) tramandano che i Chiesa erano “Cittadini sussistenti nel 1600” 4, riferimento cronologico interessante perché quasi coincidente con la data che si legge all’interno di una delle due versioni dello stemma, “1601”; oltretutto la versione maiolicata riporta anche il motto, trascritto quasi fedelmente dai modelli araldici centesi, ma che in capo aggiunge l’indicazione della città,“CENTO”, e ai lati della figura araldica “parlante” della chiesa, pone le iniziali “A” e “C”, riferibili ad un componente della famiglia Chiesa (e). 1 GROSSI 1939,Tav. XVI. 2 RAVANELLI GUIDOTTI 1996, pp. 536- 537, scheda 164. 3 CANETOLI 2006,Tav.23, n. 362. 4 MONTEFORTI 1999, p. 32, c. 40. Francesco Antonio Bagni, nel suo Armi o stemmi gentilizi delle famiglie di Cento, del 1719, così descrive l’araldica della famiglia:“Si accordava con il suono del cognome di questa famiglia l’arme di essa, che era un edificio di chiesa con la facciata e porta rivolta a destra e con il suo campanile nel fondo e sopra il detto edificio a sinistra; et il campo era d’aria. I moderni aggiunsero sopra il tetto del edificio, che veniva ad essere come nel capo dello scudo, una colomba bianca radiata con l’ali aperte come si figura lo Spirito Santo. Era la casa loro nella Viazzola Nova o di S. Caterina a mezzo giorno, la prima doppo un muro senz’edificio che si vede passato il tratto di pochi passi lasciata la prima casa di detto vicolo; et in essa, e in un soprafocolare, et in un bel fregio dipinto per mano del celebre Guercino, si vedeva espressa” (BAGNI ed.2000, p. 158). Bibliografia L’opera è citata in: RAVANELLI GUIDOTTI 1996, p. 536.
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Importanti maioliche italiane dal Rinascimento al Barocco

mar 25 Ottobre 2016
Milano
TORNATA UNICA 25/10/2016 Ore 15:00
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