Importanti maioliche italiane dal Rinascimento al Barocco

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Piatto Deruta, prima metà del sec. XVI

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Descrizione

Piatto Deruta, prima metà del sec. XVI

Maiolica Diametro cm 39 Una incrinatura e piccole scheggiature Provenienza: già nelle collezioni Imbert e Ducrot.
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Grande piatto, di foggia come il precedente, ad ampio cavetto e larga tesa ad orlo rilevato e profilato; il piede è ad anello. Al centro del cavetto, delimitato da una stretta fascia “a treccia”, campeggia un busto di donna, volto frontalmente, col capo leggermente reclinato a destra, capelli ondulati che scendono sulle spalle e legati da un nastro annodato dietro la nuca, collo ornato di giri di perle e abito a scollo quadrato di pregiato tessuto; davanti al profilo si dispone verticalmente un cartiglio su cui è tracciata la legenda “FAVSTINA. BELLA”, e ai lati della donna, sullo sfondo, sono dipinte quattro piccole corolle. La tesa presenta sei larghe partizioni, scandite da fasce (con puntini, intrecci ed elementi vegetali tondeggianti), che racchiudono ampie palmette. Il verso è invetriato e presenta una spirale dipinta in verde. Dipinto in blu e “lustro”. Questo piatto “da pompa” derutese, di eccelsa fattura, databile entro la prima metà del ‘500, ha una prestigiosa storia collezionistica, avendo fatto parte delle raccolte di Alessandro Imbert e di Vittorio Ducrot. Lo stesso piatto andò disperso alla Galleria Pesaro di Milano nel 1934, come testimonia il catalogo di vendita, catalogo curato da Gaetano Ballardini, allora direttore del Museo di Faenza1. L’opera si riconosce appena attraverso un modesto bianco e nero che non dà risalto a tutto il suo valore qualitativo. L’originale invece consente di affermare che siamo di fronte ad un superbo saggio di maiolica di Deruta del più classico genere detto “amatorio”, come esplicita la legenda dedicatoria del cartiglio “FAVSTINA BELLA”, posta accanto ad un busto di donna realizzato in una sofisticata monocromia blu, impreziosita di lustro dorato, che dà risalto all’abbigliamento di tessuti pregiati, alla elaborata acconciatura del tempo e allo sfumato dei lineamenti del volto della donna, dall’espressione di grazia schiva: elementi che fanno sì che opere come questa siano espressione di diretta discendenza dalla grande pittura umbra rinascimentale del primo ‘500. Fu genere di larga fortuna nel ‘500, come stanno a dimostrare le varie versioni affini, con il busto di “bella” frontale, realizzate sia a policromia sia a lustro, quali quelle del Museo di Arezzo, con iden- tica legenda2, del Museo del Castello di Milano3, del Louvre4, del Museo Vivenel di Compiègne5, del Victoria and Albert Museum di Londra6, del Museo di Lione7, del Museo di Berlino8. 1BALLARDINI 1934, tav. 32. 2FUCHS 1993, scheda 289, p. 259. 3BUSTI-COCCHI 2000, scheda 70, p. 84. 4GIACOMOTTI 1974, scheda n. 588. 5BLANCHEGEORGE – LÉCUYER 2011, p. 35, fig. 9. 6RACKHAM 1940, n. 479; SANI 2012, p. 141, fig. 166. 7FIOCCO- GHERARDI- SFEIR FAKHRI 2015, scheda 40, pp. 148-149. 8HAUSMANN 1972, schede 154 e 155, pp. 205-208. Bibliografia L’opera è stata pubblicata in: BALLARDINI 1934, tav. 32, n. 70; CHOMPRET 1949, fig. 208, p. 29; GALEAZZI- VALENTINI 1975, p. 70; RAVANELLI GUIDOTTI 2016, pp.10-11, Figg. 5 a-b.
Asta Live 267

Importanti maioliche italiane dal Rinascimento al Barocco

mar 25 Ottobre 2016
Milano
TORNATA UNICA 25/10/2016 Ore 15:00
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