Il piatto mostra basso cavetto, ampia tesa orizzontale e piede ad anello appena accennato. Sul recto, a piena superficie, è istoriato il mito ovidiano di “Apollo e Dafne” (OVIDIO, Met., I, 452 e ss.), con Dafne, figlia di Peneo dio fluviale, in atto di fuggire da Apollo, che ha già quasi raggiunto la ninfa la quale nelle braccia e nel capo ha già iniziato a trasformarsi in alloro, mentre i suoi piedi sono ancora fissi nel terreno, anche se quello destro mostra una incipiente deformazione: scena spesso evocata anche per la sua valenza simbolica, ovvero la vittoria della castità sull’amore. La scena si svolge in un ambiente boschivo, con i due protagonisti ignudi e coperti solo da due drappi, a che girano attorno alle loro spalle, e sullo sfondo un distesa acquea e due alti picchi montuosi. Sul verso filettaure gialle attorno al piede e all’orlo. Dipinto in piena policromia. L’opera pittoricamente è dotata di una sua notevole efficacia di segno e colore, tipica della fase matura dell’istoriato urbinate del secondo ‘500, riconducibile nelle fattezze fisionomiche dei protagonisti soprattutto alle opere istoriate uscite dalla bottega dei Patanazzi nel corso dell’ultimo quarto del secolo1. Per la figura di Apollo il pittoremaiolicaro potrebbe avere guardato all’omonima incisione del “Maestro B col dado”, su disegno di Giulio Romano, ma anche più plausibilmente in linea con la cultura della fine del ‘500, ad una delle vignette delle edizioni, veneziane o lionesi, delle “Metamorfosi” ovidiane, della quale ci sembra di notare molti punti in comune, specie nella figura di Apollo (la tensione del braccio destro, la fattezza della mano, i capelli sciolti e la posa delle gambe, la sciarpa svolazzante alle spalle ecc.) (b). Si segnala una redazione stilisticamente e iconograficamente molto vicina, apparsa sul collezione privata2. Un cartellino apposto nel cavo del piede porta l’indicazione “Collection William Ridout”. 1Un piatto con una simile iconografia è nei Musei Civici di Pesaro (MANCINI DELLA CHIARA 1979, scheda n. 258; attr. Urbino, terzo quarto del XVI secolo). 2 GALEAZZI-VALENTINI 1975, p. 94.