Secondo la leggenda agiografica risalente alla mistica medioevale, il conte Tiso di Camposampietro, che ospitava S. Antonio negli ultimi anni della sua vita, attirato da un intenso bagliore che si sprigionava dalla sua stanza, lo sorprese in sacra conversazione con il Bambino Gesù apparentemente in carne ed ossa, che, accorgendosi dell'intrusione, subitaneamente scomparve. L'attribuzione all'Assereto è stata confermata da Camillo Manzitti, che qui ringraziamo. L'autografia dell'opera trova anche conferma nei numerosi pentimenti visibili in molte parti della stesura, tipici della rapidità esecutiva che caratterizza i dipinti della maturità del pittore.