Provenienza: Sotheby’s “Important Old Master Paintings and Sculptureâ€, New York, 26 gennaio 2012, lot. 52; Bonhams, Londra, 8 luglio 2015, lot. 22. Bibliografia: N. Spinosa, Francesco Solimena (1657-1747) e le Arti a Napoli, Roma 2018, p. 270 La tela, al centro di una controversia attributiva che sul mercato antiquariale l’ha vista sottratta al catalogo di Francesco Solimena a favore di una collaborazione di bottega (Riccardo Lattuada), può essere oggi riconsegnata in via definitiva alla mano del geniale pittore napoletano, tra i protagonisti della scena artistica partenopea tra la fine del Seicento e la prima metà del secolo successivo. Confortati, infatti, dal parere di Nicola Spinosa, che ringraziamo per averci riservato le sue premurose attenzioni e avercene confermata l’autografia, ribadita recentemente anche in sede monografica (cfr. Spinosa 2018, p. 270), la presentiamo estraniandola dal dispersivo contesto dell’atelier e collocandola sul crinale del XVII secolo. Il brillante artista, che, dopo un avvio accanto al padre, già allievo e collaboratore di Francesco Guarino, si era trasferito a Napoli, immediatamente conquistato dalle opere di Luca Giordano, di Giovanni Lanfranco e Mattia Preti, si avviava in quel momento, nel giro d’anni compreso tra il 1680 e il 1690, a stemperare lo schietto naturalismo appreso in gioventù, di derivazione marcatamente caravaggesca, sull’esempio del vocabolario trionfale del barocco romano e del chiarismo diffuso messo a punto dall’ultimo Giordano. Nel dipinto in esame, l’impianto magniloquente e teatrale assume un afflato tipicamente tardo-barocco, sposandosi con la dialettica concitata degli astanti che assistono esterrefatti all’incontro tra Gesù e la donna di Samaria. Il livore umbratile degli incarnati, al pari della scenotecnica suggestiva documentano le radici del pittore così come la sua inconfondibile temperatura stilistica. Due ulteriori versioni realizzate sullo stesso tema testimoniano del favore che la fortunata invenzione dovette riscontrare presso la sofisticata committenza del tempo, convincendo il pittore a reiterare i suoi sforzi. Una redazione è oggi proprietà della Banca Popolare di Novara, mentre un’altra, quasi esatto conio della nostra, è custodita in collezione privata. Si sa d’altronde quanto Solimena fosse uso replicare i suoi prototipi, senza concedersi troppe libertà , se non per il formato dei supporti impiegati. È questo il caso, per esempio, delle diverse redazioni note con il “Ritrovamento di Mosé†e la “Natività di Mariaâ€, opere che si pongono accanto alla nostra tra i confronti stilistici più stringenti. Anche se difficile rimane stabilire quale dei tre esemplari vide presso la Sagrestia di San Paolo Maggiore il Delamonche, in viaggio a Napoli nel 1719, non è da escludersi che si tratti proprio del dipinto qui oggetto di studio.