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Coppa Casteldurante, bottega di Ludovico e Angelo Picchi, maniera di Andrea da Negroponte, 1550-1563 circa

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Descrizione

Coppa Casteldurante, bottega di Ludovico e Angelo Picchi, maniera di Andrea da Negroponte, 1550-1563 circa

Maiolica a gran fuoco. Altezza cm 5,5 circa; diametro cm 21,2. Conservazione: mancanza alle ore 8 integrata in vecchio restauro

Coppa a lunghe e strette baccellature terminanti con un orlo a smerlo (“crespina”); al centro un umbone poggiante sul verso su piede ampio e svasato.
Sul recto, a piena superficie, è dipinta la storia di Piramo e Tisbe (OVIDIO, Met., IV, 55- 166), i due sfortunati giovanetti di Babilonia, il cui amore era avversato dalle rispettive famiglie. Qui Tisbe è raffigurata al centro, nel momento in cui, dopo avere scoperto il corpo di Piramo riverso al suolo, pensandolo morto, si getta sulla spada di lui cercando anch’essa la morte.
Sul verso, all’interno del piede, è tracciata in corsivo col blu la legenda “pirramo et/ tissiba”: attorno al piede si dispongono quattro volute fogliate, mentre le punte della smerlatura dell’orlo sono segnate da semicerchi. Dipinta a piena policromia.

Questa coppa è opera di uno dei pittori più attivi nella più importante e feconda importante bottega durantina della seconda metà del ‘500, quella di Ludovico e Angelo Picchi.
Stilisticamente l’opera infatti è riconducibile alla maniera di un pittore attivo a Casteldurante negli anni ’50-’60 del ‘500, probabilmente nella suddetta bottega dove contemporaneamente lavoravano anche altri pittori. Il suo nome si ricava da una “crespina” del Museo d’Arezzo, raffigurante “Apollo e Marsia”, in cui il maestro appone sul verso la legenda “andre(a) da negro/ ponto” 1, tracciata con precise e riconoscibili caratteristiche epigrafiche che il pittore trasferisce spesso sui retri anche di altre opere. Il Negroponte è sicuramente il più prolifico pittore della nota bottega durantina ed è dotato di una maniera inconfondibile: la sua maniera di istoriatore si manifesta nelle anatomie dei suoi protagonisti un po’ rigide e legnose, nelle rocce a cumuli di macigni aguzzi, nelle distese acquee e nei cieli resi da fitte linee orizzontali, e in una tavolozza ricca e in una vena narrativa di notevole vivacità, come quest’opera dimostra. Per la cronologia vale ricordare che poco dopo il 1563 i due fratelli Picchi si trasferirono a Roma 4.

1FUCHS 1993, scheda 217, p. 233.
2WILSON- MARITANO 2019, scheda n. 19, p. 40.
3RAVANELLI GUIDOTTI 2002, scheda 6, pp. 30- 31.
4LEONARDI- MORETTI 2002, p. 36.

BIBLIOGRAFIA

1993
Maioliche istoriate rinascimentali del Museo statale d'arte medioevale e moderna di Arezzo, a cura di Charles Dominique Fuchs, Arezzo 1993.

2002
LEONARDI C.- MORETTI M., I Picchi maiolicari da Casteldurante a Roma, Urbania 2002.

2019
L'Italia del Rinascimento: lo splendore della maiolica, Catalogo della Mostra di Torino 2019, a cura di
T. Wilson e C. Maritano, Torino 2019.
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Maioliche e Porcellane - I

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