L’opera è dotata di corpo quasi cilindrico, ampia base con accenno di piede con bordo a spigolo e bocca ampia leggermente estroflessa. Sulla zona frontale, all’interno di un ampio medaglione circolare, delimitato da un largo festone di foglie, legato ai lati da nastri, è dipinto il busto di una donna, vòlto a sinistra: ha i capelli raccolti in una cuffia che scende quasi alle spalle, giri di perle o sottili nastri al collo e un abito scollato. La zona retrostante è priva di decorazione. Sotto il medaglione si dispone un nastro orizzontale, su cui è tracciata la scritta farmaceutica “DIA. IRIS”, in caratteri capitali. Dipinto in arancio, blu e verde. Questo albarello è una pregevole testimonianza della fervida attività degli artefici di Deruta, che nel corso della prima metà del ‘500, oltre a grandi piatti “da pompa”, si specializzarono in cospicui e ornatissimi corredi da farmacia, cui vasellami (fasche, albarelli, pillolieri, brocche ecc.), nei quali mostrano sempre una notevole cura nella tecnica, specie un rivestimento maiolicato di buona qualità, di un bianco luminoso su cui possono meglio risaltare i colori della tavolozza sempre squillante, ma sapientemente dosata, anche nei molteplici dettagli decorativi di cui si compone il repertorio del tempo complementare al tema centrale: larghi festoni di foglie lanceolate1, liscie o frastagliate, nastri svolazzanti, pomi, cornucopie, delfini arborescenti, “grottesche” e medaglioni con busti, per lo più di “belle”2. Opere come questa sono sempre caratterizzate da una stilizzazione piuttosto elegante, ma possono anche manifestare una sensibilità verso questo soggetto “amatorio”, dettata una composta semplicità di sentimenti. La scritta farmaceutica “DIA.IRIS” si riferisce al Diaireos, polvere pettorale antiasmatica, basata sull’Iris Florentina (MELICHIO 1660, p. 60). 1Le stesse che, ad esempio, caratterizzano due superbe fiasche da farmacia delle donazioni Cora e Fanfani, del Museo faentino (RAVANELLI GUIDOTTI 1990, scheda 96). Così un albarello nel Museo di Lione (FIOCCO- GHERARDI- SFEIR FAKHRI 2015, scheda 25, pp. 118- 119). 2Una delle prime date certe di “belle” policrome deru- tesi la tramanda un albarello, di raccolta privata, con la data “1499” (WILSON 2004, fig. 2, p. 40).