Il piatto è un piccolo “tagliere” a basso cavetto, ampia tesa orizzontale e basso piede ad anello. Sul recto, all’interno del cavetto, delimitato da una fascia gialla, è raffigurato un putto ignudo, con una sciarpa che si snoda alle sue spalle, in atto di dirigersi verso destra soffiando in una chiarina; in secondo piano si nota un accenno d’architettura. Sulla tesa si dispone una simmetrica composizione “a raffaellesche”, composta da due lunghe foglie (o alberelli simili a cipressi), da girali fogliate e da due mascheroni velati. Dipinto in arancio, blu, bruno e giallo. La fattura del putto è di buona qualità stilistica, con il volto caratterizzato dalla zona sopracciliare tagliata da un segno con effetto d’ombra sugli occhi, ma dall’espressione vivace, così da dare più risalto alla fronte che appare spaziosa; l’anatomia della piccola figura, come detta lo stile “compendiario” dei “bianchi”, mostra forme arrotondate, morbide e un po’ adipose, gambe divaricate per dare il senso del movimento e pennellate distinte, ma concentate su zone campite a sfumatura nelle parti in ombra. Distingue questa versione rispetto alle molte altre faentine analoghe di questo periodo, in cui la figurina (putto o amorino) è proposta a campo libero, il fatto che essa sia ambientata in un fondale a riquadri, ad effetto architettonico.