Biscaino trae il soggetto di questa tela dal Vangelo di Giovanni (19, 5), tema particolarmente amato dalla committenza genovese, tanto che se ne conoscono molte versioni, le più note di mano di Orazio De Ferrari e Gioacchino Assereto (cfr. cast. 3 e 27). 11 riferimento più stretto, piuttosto una citazione, è invece tratto dall'interpretazione che ne diede Antoon van Dyck nell'esemplare oggi conservato presso l'Università Birmingham (Vari Dyck 1999, cat. 39), proveniente dalla collezione Balbi di Genova ed elaborato in Italia dal modello di Tiziano. L'opera era stata concepita dall'artista fiammingo come strumento di devozione personale grazie al ribaltamento in primo piano del soggetto, in linea con il patetismo che caratterizza le opere devozionali post tridentine. Quest'ispirazione viene rielaborata dal Biscaino in una forma più ampia e narrativa grazie al recupero di diversi personaggi quali gli aguzzini, Ponzio Pilato e i sacerdoti. Questo espediente è tipico della sua arte che approfitta degli elementi architettonici per animare la scena e far mostra delle baluginanti armature e dei ricchi panneggi, come nella splendida Negazione di Pietro di collezione privata genovese (Orlando 2001d, p. 18, fig. 11), e per far eco e commento all'episodio grazie agli astanti, come nell'incisione con Cristo e l'adultera dove riappaiono gli sprezzanti farisei (The Illustrateci Bartsch... 1987, vol. 47, 13, p. 204; qui fig. 1), Lo scorcio della balaustra e le proporzioni delle figure suggeriscono che l'opera sia stata concepita per una visione dal basso verso l'alto, in modo che la distorsione ottica dettata dal punto di vista fosse corretta dall'abilità dell'artista. Maurizio Romanengo