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Pittore caravaggesco intorno al 1630
Giuditta e la fantesca con la testa di Oloferne

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Descrizione

Pittore caravaggesco intorno al 1630 Giuditta e la fantesca con la testa di Oloferne

olio su tela, cm 131x95
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L’opera rappresenta da sempre un vero e proprio casse-tête per gli specialisti di ambito caravaggesco. Si tratta infatti di una tela in sospensione di giudizio che attende ancora l’esito fortunato di un test di paternità. Roberto Longhi (Longhi 1943, p. 31, fig. 72) fu il primo ad introdurla in letteratura portandola all’attenzione degli studi e affiliandola alla mano di Domenico Fiasella, in una fase particolarmente prossima a Cavarozzi. Dopo la proposta longhiana, accolta con qualche difficoltà, si sono levate più voci a denunciare la difficile risoluzione del caso. Piero Donati (Donati 1990, p. 18, n. 20) e Gianni Papi (Papi 1992, p. 207, n. 13) hanno invitato a ripensare con cautela all’identità dell’autore (Papi 2015, p. 67, n. 20). Roberto Contini (Contini 1997, pp. 13, 17, n. 26) ha riconosciuto, dal canto suo, nel capolavoro di collezione privata uno scoperto omaggio all’invenzione di Cristofano Allori, la Giuditta oggi conservata presso la Galleria Palatina di Palazzo Pitti, reputandolo come l’evoluzione finale in direzione caravaggesca del celeberrimo archetipo del fiorentino. Antonio Gesino e Maurizio Romanengo, accogliendo il pensiero di Papi e Donati, in occasione del saggio redatto a quattro mani sull’attività giovanile del Fiasella (Gesino, Romanengo 2007, p. 1, nota 2, fig. 2), hanno rigettato l’antica attribuzione, da riconsiderare in ogni caso significativa dei rapporti, stanati dall’occhio acuto del Longhi, che dovettero necessariamente intercorrere tra il giovane Fiasella e Bartolomeo Cavarozzi, rimettendo dubitativamente la tela a quest’ultimo, ipotesi recentemente scartata da Papi in occasione del volume monografico (Papi 2015, p. 67, n. 90). Nel dipinto in esame, l’eroina di Betullia, l’espressione dolcemente corrucciata e pensierosa, persa nel vuoto, compare sul gran teatro del mondo brandendo a mo’ di trofeo il capo del generale assiro Oloferne. Sulla scena si profila anche il volto rugoso della fantesca Abra, complice del misfatto. La pennellata è densa e compatta, mirabile la perizia impiegata nella cura dei dettagli, le ampie maniche della camiciola stretta dal corsetto si rivelano un brano di virtuosismo tecnico, e non sarà certo la questione attributiva ad impedirci di apprezzare un tale capolavoro. Bibliografia: R. Longhi, Ultimi studi su Caravaggio e la sua cerchia, in “Proporzioni”, I, 1943, pp. 5-63. R. Contini, Guerrieri, naturalista ondivago, in Giovan Francesco Guerrieri. Un pittore del Seicento tra Roma e le Marche, catalogo della mostra a cura di M. Cellini, C. Pizzorusso, Venezia 1997, pp. 7-17. P. Donati, Domenico Fiasella, catalogo della mostra a cura di P. Donati, Genova 1990. G. Papi, Tre dipinti della fase giovanile di Domenico Fiasella, in “Arte cristiana”, LXXX, 750, 1992, pp. 199-208. A. Gesino, M. Romanengo, Excursus fra luce ed ombra dell'attività giovanile e prima maturità di Domenico Fiasella, in “Studi di Storia dell'arte”, 2007, pp. 1-32. G. Papi, Bartolomeo Cavarozzi, Soncino 2015.
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gio 10 Dicembre 2020
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