Rispetto al suo consueto operare, prevalentemente orientato su soggetti sacri, ed in particolare sulla tematica mariana, nella quale la bottega piolesca aveva conquistato un assoluto predominio presso l'ambiente artistico di metà Seicento, Anton Maria fornisce in quest'opera una felice, e decisamente rara escursione nell'ambito profano. Sebbene il percorso del pittore non sia ancora stato indagato a fondo, e manchino quindi sicuri riferimenti cronologici sulla sua attività, è possibile ipotizzare che questa sua ricerca di maggiore autonomia artistica, rispetto al canone più in uso, vada riferita agli anni più maturi. A conforto di questa ipotesi concorre anche il verificarne un evidente accostamento ai modi del fratello Paolo Girolamo, arricchito da una lunga esperienza romana, e persino a quelli decisamente innovativi di Gregorio De Ferrari, suo cognato per aver sposato la sorella Margherita, ed anch'egli attivo nella grande bottega paterna. Anche una certa noncuranza per il rigore prospettico dei piani circostanti e di sfondo, rivela una tendenza alla libertà della composizione tipica del barocco più maturo, sebbene il registro cromatico e chiaroscurale si mantengano nel solco della tradizione figurativa genovese trasmessagli da Domenico. Expertise Camillo Manzitti Si ringrazia lo studioso per aver confermato l'autenticità dell'opera