Importanti maioliche italiane dal Rinascimento al Barocco

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Albarello Casteldurante, bottega di Ludovico e Angelo Picchi, 1563 ca

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Descrizione

Albarello Casteldurante, bottega di Ludovico e Angelo Picchi, 1563 ca

Maiolica Altezza cm 30 incrinatura e piede rifatto Provenienza: collezione privata
Ulteriori informazioni
Albarello a corpo cilindrico sensibilmente rastremato nella zona mediana, con base carenata e spalla che chiude su una bocca ampia ad orlo leggermente estroflesso. Sulla zona anteriore è dipinto l’episodio biblico de “Il peccato originale” (GENESI, 3, 1-7), con Eva che indica ad Adamo i frutti dell’albero della conoscenza del bene e del male, al quale è avvinto il serpente in sembianze atropomorfe; sulla faccia retrostante campeggia lo stemma Boerio sorretto da due putti tenenti (c), e in capo ad uno scudo antropomorfo a sua volta poggiante su una sorta di capitello; sullo sfondo si dispone un paesaggio con una distesa acquea, rocce, monti all’orizzonte. La spalla e la base sono dipinte con due larghe fasce “a trofei” d’armi. Dipinto in piena policromia. L’opera appartiene ad un noto corredo istoriato, prodotto dalla bottega durantina dei Picchi per il mercante genovese Andrea Boerio, residente a Palermo, il quale nel 1562 commissionò una cospicua fornitura di vasellami da farmacia, che ad oggi somma ad oltre quaranta unità, composta di albarelli di varie altezze, fiasche, grossi vasi piriformi con o senza manici e brocche, con stemma del committente1 (Troncato, al 1° di rosso, al castello di tre torri d’argento, sormontate da tre stelle d’oro, al 2° di verde, alla banda d’oro, accompagnata in punta da un bue d’argento): araldica con fermata anche nell’immenso blasonario dell’Archiginnasio di Bologna (c). La fornitura, esplicitamente richiesta “che fusse instoriata”, fu oggetto di una controversia che si risolse solo nel dicembre del 1563, quando almeno una par- te dell’ordinativo fu consegnata2. Il corredo, cui appartiene questo albarello e quello che segue, viene ricondotto alla mano di Andrea da Negroponte, probabilmente attivo presso la bottega dei Picchi, del quale la Lessmann per prima individuò i caratteri “durantini” nello stile di alcune opere, basandosi sulle caratteristiche di una coppa del Museo di Arezzo, firmata “Andrea da negro/ponto”3, la cui maniera risulta facilmente riconoscibile nell’intricato panorama dell’istoriato metaurense del secondo ‘500, avendo costanti cifre figurative e paesistiche (anatomie dal costrutto debole, un po’ legnoso, rocce a cumuli di macigni, nubi a corolle da sembrare più un vezzo floreale, distese acquee rese convenzionalmente a fitte linee parallele blu, ecc.), tanto da ascrivergli anche il cospicuo ser vizio stemmato, noto come “Sapiens” 4. All’interno del gruppo del corredo Boerio esistono vasi che portano esplicite indicazioni sia del luogo sia della bottega dove furono prodotti ed altresì dell’anno di esecuzione: un albarello della collezione Bayer, tramanda estesamente “Fatta in castello duranto in botega di m.° Ludovico pichio”, confermata analogamente anche su un al- tro esemplare in collezione privata5, un altro del British dice “fatto in terra dt durante nel Stato du (rbino)6, mentre quello al Louvre porta solo lo stemma7, e invece solo la data “1563” è dipinta su quattro albarelli e su un vaso piriforme, nel Museo di Pesaro, che conserva anche una fiasca dello stesso corredo8; della stessa forma un altro, dal collezione privata9. Altri due albarelli10,, confermano la stessa data “1563”, apposta in una cartelletta, dipinta verso il piede, che potrebbe essere stata presente anche in questo albarello, purtroppo lacunoso nella parte inferiore. La misura dell’imponenza del corredo Boerio cui appartenne questo albarello e quello che segue, la danno inoltre molti altri albarelli di altezza variabile, in collezioni pubbliche e private 11. Da un punto di vista stilistico si segnalano, ad esempio, una “crespina”, del Museo di Lione, della stessa bottega e della maniera del Negroponte 12, ed altresì un piatto nelle collezioni nazionali polacche 13. La scritta farmaceutica, “SY°. DE. BISAN. SI. ACE”, cioè sciroppo di bisanti acetoso, quello di Mesue, secondo Melichio, valeva per le “ febbri putride, colleriche e flegmatiche , difficili a diradicarsi, et all’opilationi, e spargimento di fele”14. 1WILSON 2002, pp.139- 159. 2LEONARDI 2002, pp. 46- 59. 3LESSMANN 1979, p. 148 e schede 102-121; nel Museo di Arezzo: FUCHS 1993, n. 217, p. 233: v. anche schede 218- 240;THORNTON- WILSON 2009, p. 386. 4WILSON 2002, pp. 136- 159; si v. inoltre quanto è esau- stivamente riassunto in :THORNTON- WILSON 2009, pp. 388- 390. 5WILSON 2002, pp.136- 7 e 142-143; BISCONTINI UGOLINI 1997, scheda 19, pp. 80-83. 6THORNTON- WILSON 2009, scheda 228; v. anche la dettagliata scheda che commenta una “crespina” delle stessa raccolta del Museo londinese (THORNTON- WILSON 2009, scheda 229, pp. 386-387). 7GIACOMOTTI 1974, n. 793. 8MANCINI DELLA CHIARA 1979, schede nn. 236, 238; nello stesso catalogo v. anche schede nn. 181, 204, 249. 9GARDELLI 1987, scheda 52, pp. 126- 127. 10ARTCURIAL 2010, lotto 73. 11ANCIENNE FAIENCES ecc. 1926, pl. 61 e 74; BELLI- NI- CONTI 1964, p. 158, fig. B; CHRISTIE’S 1991, lot- to 12; CHRISTIE’S 1993, nn. 61- 64; ARBACE 1992, p. non numerata; GARDELLI 1987, schede n. 51, p. 124; MAGNANI 2002, scheda 94, pp.- 212-213 (passato da CHRISTIE’S 1994, lotto n. 317); RICHTER 2006, scheda 87, p. 133; SANI 2012, p. 167, fig. 196. 12FIOCCO- GHERARDI- SFEIR FAKHRI 2015, scheda 63, pp. 200- 201. 13SWIETLICKA 2010, scheda 5, pp. 62-63. 14MELICHIO 1660, p. 113.
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Importanti maioliche italiane dal Rinascimento al Barocco

mar 25 Ottobre 2016
Milano
TORNATA UNICA 25/10/2016 Ore 15:00
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