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Ritratto di Lodovico Dolfi

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Descrizione

Ritratto di Lodovico Dolfi

olio su tavola
Largh. 28 - Alt. 37 Cm
iscrizioni:
"OPUS FORTIS BONONIENSIS 1483" (recto)
"LUD . DULLH" (verso)

Opera notificata secondo il decreto ministeriale del 22 III 1960 (sottoscritto dal Soprintendente alle Gallerie di Bologna Cesare Gnudi e indirizzato al conte Girolamo De Bosdari, San Lazzaro in Savena), reiterato il 18 VII 1990 (controfirmato dal Soprintendente alle Gallerie di Bologna Andrea Emiliani)
Work declared of particularly important historical and artistic interest, it is subject to constraint by the Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio (Italian National Heritage) so it cannot be exported out of Italy.


Provenienza
Bologna, Lodovico Dolfi
Bologna, Maria Diamante Dolfi, sposa del marchese Benedetto Ratta (per eredità, nel 1773)
Bologna, famiglia Ratta (per eredità, nel 1805 si estingue la famiglia Dolfi)
Bologna, marchese Nicolò Scarani (1836 circa)
San Lazzaro di Savena, conte Filippo De Bosdari (1948 circa)
Milano, Finarte (?) 1963
Collezione privata, Biella (dal 1964)
Autentica
Expertise Prof. Mauro Natale, 2 III 2022
Ulteriori informazioni
"L’interminabile lista delle citazioni bibliografiche che scandisce la storia di questo ritratto dal 1666, attesta la celebrità del dipinto, ripetutamente menzionato nella letteratura antica e moderna, ma raramente osservato dal vero. Esso è stato eseguito su di una tavola molto sottile, preparata accuratamente sulle due facce; su di una di esse il pittore ha eseguito con una miscela oleosa il busto di Lodovico Dolfi che emerge da un parapetto di dimensioni ragguardevoli al centro del quale è effigiato un cartellino con la firma del pittore e l’anno 1483. Sul dorso, la piccola tavola è stata coperta con una tinta brunacea che simula il rame, sulla quale è segnato il nome del ritrattato (Fig. 1). La superficie pittorica su cui è raffigurato il ritratto ha sofferto di antiche puliture operate al momento della sua riscoperta, intorno al 1836 (Gaetano Giordani 1836, p. 81), quando il marchese Nicolò Scarani, autore del ritrovamento, affidò la “tavoletta ad un ristauratore abile ed espertissimo, questi levando via diligentemente la tinta nerastra con buon successo eseguì il ripulimento: dopo il quale assai chiaro si poté distinguere che il ritratto in discorso era l’indicato di Lodovico Dolfi, ed il dipinto di Giacomo Forti nell’anno 1483”).

È probabile che l’intervento ottocentesco sia stato più drastico del dovuto, ma è anche grazie a quella pulitura se Gaetano Giordani poté riconoscere nell’opera il celebre Ritratto di Lodovico Dolfi menzionato nei Seicento da Antonio di Paolo Masini (1666, p. 623), da Pompeo Scipione Dolfi (1670, p. 283), da Carlo Cesare Malvasia (1678, p. 35), e di cui in seguito si erano perse le tracce. Nelle Ricordanze di Lodovico Dolfi pubblicate con l’artificio retorico di un’epistola inviata al calcografo bolognese Natale Salvardi, Gaetano Giordani (1836) racconta come “accadde fortunatamente la scoperta di un ritratto in pittura”, che egli seppe rapportare ai testi di Masini, Malvasia e Dolfi che rammentano un Giacomo Forti “il quale fece in piccola tavola il ritratto di un Lodovico Dolfi così ben dipinto e conservato, che teneasi nella casa della famiglia Dolfi, siccome cosa lodevole ed alla patria storia interessante”. Per eredità nel 1773 il ritratto passò alla marchesa Maria Diamante Dolfi, sposa del marchese Benedetto Ratta; alla sua morte 1805 la famiglia Dolfi si estinse; trascurata in seguito la memoria del ritratto, considerato smarrito, infine ritrovato “tra pitture inosservate, e reputate di niun pregio entro un palazzo rurale denominato Russo; oggi spettante agli eredi del fu marchese Flaminio Ratta” (p. 80), dove fu riscoperto dal marchese Nicolò Scarani (p. 81). Nel ritratto il pittore “espresse i delineamenti del viso regolari non ignobili; con poca barba, e capelli similmente castagni: e questi capelli cadenti a zazzera e finissimamente perfilati: coprì la testa di un berretto a colore rosso amaranto: d’intorno al collo posegli due filetti, uno bianco e l’altro rosso, i quali uniti formano orlatura a guisa di colarino sopraposto [sic] all’abito scuro-marone, che imita il drappo di un velluto fiorato. L’aria lucida al fondo della tavoletta mostra un ciel sereno. Nel poggiuolo o parapetto finse un listello bianco come una striscia di carta, fermato con piccoli sigilli rossi, e lascia leggere questa epigrafe OPUS FORTIS BONONIENSIS 1483. Il pittore condusse il lavoro con molta finitezza e scrupolosa diligenza, nella maniera che d’assai somiglia alle cose colorite da Lorenzo Costa, o da altri antichi-moderni di quella scuola ed età.” Il dipinto ammirato da quanti lo videro, fu disegnato e inciso da Luigi Martelli (p. 82)(Fig. 2).

L’accurata descrizione di Gaetano Giordani, che fuga ogni dubbio sull’identità dell’opera, è stata alla base delle menzioni posteriori, almeno fino al 1935, quando Guido Zucchini dedicò al dipinto, nuovamente riemerso, una breve analisi. Il divario evidente tra la data iscritta accanto al nome dell’artista e lo stile compiutamente rinascimentale del dipinto, nel solco dell’arte di Francesco Francia, è stato rilevato da autori antichi e moderni, messi in difficoltà dalla scarsità delle notizie, sovente confuse, sull’artista. Un “Forte” verosimilmente bolognese è menzionato in un noto sonetto di Giovanni Testa Cillenio composto probabilmente prima del 1471 (Io sarò sempre amico a’ dipinctori / A Forte e Marcho e al Borgho mio divino /…: il poema pubblicato da Lodovico Frati, Le rime del codice Isoldiano, Bologna 1913, II, p. 51), ma per l’antichità della citazione è da escludere che possa trattarsi dell’autore del ritratto. De essere invece lo stesso artista di questo quadro quel “Forte da Bologna” che dipinse l’effigie del duca Giovanni Sforza di Pesaro, visto frontalmente o di tre quarti, come in questo caso (il quadro, perduto, è menzionato ne L’inventario dei quadri esistenti nella libreria di Giovanni Sforza a Pesaro nel 1500, in “Urbinum”, 1939, gennaio-marzo, pubblicato da Filippini e ripreso in Francesco Filippini, Guido Zucchini, Miniatori e pittori a Bologna. Documenti del secolo XV, Accademia Nazionale dei Lincei, Roma 1968, pp. 52-53: “testa del p. Ill. S. in duij ochij de man de Forte da Bologna”). Il pittore doveva quindi avere acquisito una certa fama nel campo del ritratto, tanto che lo stesso Malvasia (1686, p. 35), che lo enumera con Francesco Francia tra gli allievi di Marco Zoppo, ricordava di possedere dell’artista un ritratto commemorativo di Lippo Dalmasio, fatto incidere come antiporta alla biografia del pittore trecentesco (Fig. 3). Il confronto tra il profilo di Dalmasio e il ritratto di Lodovico Dolfi non consente nessuna deduzione, se non l’ipotesi che Forte sia stato capace, per necessità, di conformarsi a modelli più antichi, anticipando una pratica che Bartolomeo Passerotti metterà in atto una cinquantina d’anni più tardi.

Scarse sono anche le notizie sull’effigiato: Lodovico Dolfi di Gabriele “leggeva nel Studio di Bologna” negli anni 1513-1515 (Dolfi 1670, p. 283); era cioè stato “professore di Notaria dal 1505 a tutto l’anno 1516-17” (Serafino Mazzetti, Repertorio di tutti i professori anche e moderni della famosa Università, e del celebre Istituto delle Scienze di Bologna, Bologna 1847, p. 115). Aveva sposato in prime nozze Elena Veraldi, in seconde Francesca Gessi, ed era stato sostenitore dei Bentivoglio, fedeltà che gli era costata varie penali (1508). Nel 1497 era stato in carica come “Proconsole e Correttore de’ Notari”, e in quanto tale fu celebrato da Nicolò Burcio in un poemetto in latino sulla città e uomini illustri di Bologna. Di nuovo tra gli Anziani nel 1512, morì poco prima del 1519 (Giordani 1836, pp. 85-94).

L’impostazione compositiva del ritratto di Lodovico Dolfi ricalca quella dello splendido Ritratto d’uomo di Francesco del Cosso del Museo Thyssen-Bornemisza a Madrid (1472-1473), ma l’esecuzione pittorica, in cui la stesura del colore annulla la traccia ferma del disegno, si pone nel solco della tradizione proto-classica di Francesco Francia e della sua scuola, nell’arco del primo decennio del Cinquecento. Opportune analisi tecniche dovrebbero consentire ci intendere meglio la tecnica di esecuzione di questo raro ritratto e il suo reale stato di conservazione; allo stato attuale delle conoscenze è giusto ritenere che la data iscritta accanto al nome del pittore (1483) sia commemorativa di un evento a noi ignoto, e che non corrisponda al tempo in cui il dipinto fu realizzato, nel primo decennio del Cinquecento."

Ringraziamo il Prof. Mauro Natale per l’autorizzazione a utilizzare il suo studio sul dipinto

Bibliografia
Antonio di Paolo Masini, Bologna perlustrata, Bologna 1666, p. 623 (“1483. Giacomo Forti molto bene dipinse il Ritratto di Lodovico Dolfi, la cui Famiglia tuttavia lo conserva.”)

Pompeo Scipione Dolfi, Cronologia delle famiglie nobili di Bologna, Bologna 1670, p. 283 (1502. Lodovico Dolfi di Gabriele, “leggeva nel Studio di Bologna”, 1513-1515), p. 284 (“ il suo ritratto come ben dipinto è notato nella Bologna Perlust. da Antonio di Paolo Masini”.)

Carlo Cesare Malvasia, Felsina pittrice. Vite de’ pittor bolognesi, I, Bologna 1678, p. 35 (tra gli allievi di Marco Zoppo “il già detto Giacomo Forti, che lavorò molto in compagnia del maestro, e sù i muri, non altrove lasciandoci vedere il suo nome, che in un ritratto picciolo in tavola, che conservano ancora presso di loro i signori Dolfi, d’un Lodovico di quella Casa, con queste parole: Opus Fortis Bononiensi [sic] 1483, e l’istesso in un simile di Lippo Dalmasio presso di noi, e dal quale si è ricavato il qui anteposto alla Vita”)

Carlo Cesare Malvasia, Pitture, scolture ed architetture delle chiese, luoghi pubblici, palazzi, e case della Città di Bologna e suoi sobborghi, Bologna 1783, p. 489 (“Forte Giacomo allievo di Marco Zoppo, e condiscepolo del Francia sotto lo stesso Maestro. Il Masini Bol. perl. dice, che li Dolfi hanno il Ritratto di Ludovico Dolfi di sua mano.)

Ricordanze di Lodovico Dolfi esposte in una lettera a Natale Salvardi Calcografo, di Gaetano Giordani, in “Almanacco Statistico Bolognese, Per l’anno 1836. Dedicato alla Donne Gentili”, anno 7, Bologna 1836, pp. 78-94 [riproduzione del Ritratto inciso da Luigi Martelli tra le pp. 78-79](vedi testo della scheda)

Antonio Bolognini Amorini, Vite dei pittori e artefici Bolognesi, Bologna 1841, p. 21 (“Anche Giacomo Forti può ritenersi discepolo di Lippo [Dalmasio], di cui assai bel ritratto conservassi in Casa Ratta di Lodovico Dolfi, ed altro del proprio maestro avevasi dai signori Malvasia.”)

Salvatore Muzzi, Annali della città di Bologna dalla sua origine al 1796, Bologna 1843, p. 408 (tra gli allievi di Marco Zoppo, il Francia e Giacomo Forti, “che molto lavorò in compagnia del maestro, e che lasciò scritto il suo nome sotto un ritratto ch’ei fece a Lodovico Dolfi letterato bolognese. Il qual ritratto venne illustrato non ha molto dal nostro scrittore ed erudito esattissimo Gaetano Giordani.”)

Ulrich Thieme, Felix Becker, Allgemeines Lexikon der Bildenden Künstler, 12, Leipzig 1916, p. 227 ad vocem Forti (Forte) Giacomo: 1483, Ritratto di Lodovico Dolfi; secondo Malvasia, autore anche di un Ritratto di Lippo di Dalmasio.)

Guido Zucchini, Un ritratto di Iacopo Forti. Opere d’arte inedite, in “Il Comune di Bologna”, 12, 1935, 1, pp. 9-10

“Urbinum. Bollettino di cultura ufficiale per gli atti della brigata urbinate degli amici dei monumenti, della reale Accademia Raffaelo e del reale Istituto di Belle Arti delle Marche”, 1939, p. 29 nota 4 (“Su Iacopo Forti bolognese , attivo nel 1483, ha richiamato l’attenzione Guido Zucchini “Il Comune di Bologna” 1935, XIII N.12), mettendo in luce un ritratto di Lodovico Dolfi, con antica scritta in un cartellino: opus Fortis Bononiensis 1483. Il personaggio è effigiato di prospetto. Lo stile dimostra le tendenze ferraresi, proprio del Costa”.)

Guido Zucchini, Mostra di antichi dipinti, da raccolte private bolognesi (Bologna, Circolo Artistico, maggio-giugno 1948), Bologna 1948, s.n.p., cat. 10 (Forte (sec. XV), Ritratto di Lodovico Dolfi, sg. dt. 1483, pubblicato da Zucchini 1935, Conte Dr. Filippo Bosdari)

Art Price Annual, 19, 1963, p. 365 (cit. Ritratto di Lodovico Dolfi)

Francesco Filippini, Guido Zucchini, Miniatori e pittori a Bologna. Documenti del secolo XV, Accademia Nazionale dei Lincei, Roma 1968, pp. 52-53 (Forte da Bologna. 1483 firma il ritratto su tavola di Lodovico Dolfi di Proprietà Bosdari)

Emilio Negro, Nicosetta Roio, Francesco Francia e la sua scuola, Artioli Editore,m Modena 1998, p. 28 fig. 49 (Iacopo Forti, Ritratto di Lodovico Dolfi,, già Bologna, collezione Bosdari, ubicazione ignota), p. 56 nota 82 (al pittore riconducibile solo il Ritratto di Lodovico Dolfi che sulla base della riproduzione di Zucchini 1935sembra essersi “mosso all’unisono col Francia”)

Giacomo Alberto Calogero, Marco Zoppo ingegno sottile. Pittura e Umanesimo tra Padova, Venezia e Bologna, con un regesto documentario a cura di M.Mazzalupi, Bononia University Press, Bologna 2020, pp. 3-4 nota 11 (Il “Forte da Bologna” menzionato nell’Inventario di Giovanni Sforza a Pesaro 1500 forse lo stesso autore del Ritratto di Lodovico Dolfi, sg, dt 1483 già in Palazzo Bosdari a Bologna, ma la data sembra “troppo precoce per i dati stilistici ormai protoclassici di questo ritratto (che temo alterato fortemente dal ‘restauratore abile ed espertissimo’ lodato da Zucchini 1934, p. 61)
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mer 15 Giugno 2022
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