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Tarsia in legni diversi. Giovanni Maffezzoli (1774 - 1818) La Madonna di San Girolamo

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Descrizione

Tarsia in legni diversi. Giovanni Maffezzoli (1774 - 1818) La Madonna di San Girolamo

Pannello di pioppo intarsiato in pioppo, acero e noce
Cm 54,5X74,5
cornice intarsiata in metallo e altri materiali.
L'opera deriva dalla celebre opera del Correggio "La Madonna di San Girolamo" conservata alla Galleria Nazionale di Parma.
La tavola fu restaurata nel 1866 da Antoniazzi Gaetano di Cremona che poi scrisse in basso a destra "Antoniazzi Gaetano ristaurò l’anno 1866"
Ulteriori informazioni
“Sono oggi note un piccolo numero di tarsie di Giovanni Maffezzoli, traduzioni di dipinti di Luigi Sabatelli (1772-1850) e Giuseppe Diotti (1779-1816), a cui lo legò anche un rapporto di amicizia. Rappresentano episodi legati alla mitologia classica e alla storia antica, che valsero al loro autore, tra il 1805 e il 1816, riconoscimenti e medaglie in occasione di mostre e concorsi accademici. Ne ha riunito un corpus Mario Tavelia, in un articolo che costituisce il più aggiornato contributo su queste particolarissime e affascinanti opere del primo Ottocento lombardo, che godettero al tempo dl considerazione critica e collezionistica.

L'inedito quadro di cui si scrive, la fedele traduzione lignea della Madonna di san Girolamo di Antonio Allegri, detto il Correggo (1489-1534) - dipinta tra il 1526 e il 1528 e oggi alla Galleria Nazionale d'arte di Parma - rappresenta, allo stato degli studi, un unicum. Non stupisce la scelta di questo capolavoro che durante l'epoca neoclassica. come tutta l'opera di Correggio, suscitò l'interesse degli artisti e della critica. In ambito lombardo, Andrea Appiani (1754-1817), ne fu profondamente influenzato. Francesco Algarotti, nelle Saggio sopra la pittura del 1763, uno dei testi più letti nel Settecento, definì questo dipinto "forse il più bel dipinto che uscisse mai di mano d'uomo". Il Maffezzoli mostra in questa ambiziosa traduzione lignea del dipinto di Correggio, intelligenza nella lettura del dipinto e una perfetta padronanza tecnica. Impiega tessere, le cui
commettiture seguono con esattezza li disegno di Correggio, che poi ombreggia con la sabbia
rovente o direttamente con una piccola fiammella prima di ricomporre il mosaico ligneo sulla
tavola di supporto. E' la tecnica adottata da Francesco Capoferri nelle tarsie dei coperti del
coro della basilica di Santa Maria Maggiore a Bergamo, su disegni di Lorenzo Lotto. Come
Capoferri, grazie a bruciature di diversa intensità, conferisce alla tarsia un ben modulato
chiaroscuro col quale restituisce la morbidezza chiaroscurale tipica dell'opera Correggio.

Com'era sua abitudine, Maffezzoll non firmò e non datò al tarsia. L'arco cronologico di questa produzione di pannelli tratti da dipinti va dal 1805, quando due sue tarsie furono esposte alla mostra dell'Accademia di Brera in occasione dell'Incoronazione di Napoleone, al
1816, quando gli fu conferito l'attestato di benemerenza dell'Accademia di Parma, due anni prima della sua prematura scomparsa, nel 1818, all'età di quarantaquattro anni.
Una collocazione cronologica della Madonna di San Girolamo un poco precoce, forse precedente quella delle note tarsie tutte risalenti alla seconda decade dell'Ottocento, potrebbe essere suggerita, oltre che dalla scelta di un soggetto non legato ai pittori dell'Accademia neoclassica, dall'insistita ombreggiatura, che nelle opere di stretta osservanza storicistica, tratte dal dipinti di Diotti e Sabatelli, si fa più delicata.
Non è nota la storia collezionistica di quest'opera, non menzionata nelle fonti di inizio Ottocento in cui vengono ricordate alcune delle sue tarsie. Sappiamo però che nel 1866 la tavola fu restaura dal liutaio cremonese Gaetano Antoniazzi (1825-1897), allievo della storica bottega di Giuseppe Cerutti (1787-1870), che nel 1870 trasferirà l'attività a Milano dove, assieme ai figli Riccardo e Romeo, darà il via alla tradizione di liuteria milanese del XX secolo. Alla costruzione di strumenti Antoniazzi affiancò l'attività di ebanista e, in virtù di questa abilità, restaurò il nostro quadro nel 1866, come ricorda la sua firma incisa nell'angolo inferiore destro: "Antoniazzi Gaetano di Cremona Ristaurò Lanno [Sic]1866".
Fu verosimilmente proprio Antoniazzi, in quell'occasione, a dotare il prezioso cimelio dell'illustre concittadino, della cornice intarsiata in peltro e madreperla.”

Scheda a cura di Giuseppe Beretti
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gio 29 - ven 30 Giugno 2023
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