Questo affascinante ritratto infantile del conte Gio Batta Infante, eseguito nel 1758, è un raro esempio di pittura celebrativa di ambito nobiliare piemontese, caratterizzata da un gusto ancora barocco ma già aperto alla sensibilità rococò. L’effigiato, rappresentato in età giovanissima, è vestito con un’elegante marsina rossa bordata in oro e accompagnato da un cagnolino, simbolo di fedeltà e status sociale.
Il giovane aristocratico si staglia in posa solenne su uno sfondo architettonico classico, tra colonne e pareti a cassettoni, che accentuano la monumentalità della composizione e la funzione di status del dipinto. Alla base, un cartiglio inciso su finta lastra di marmo riporta in modo commovente l’età esatta del bambino e una dedica devozionale:
"Conte Gio Batta Infante d’anni sei, mesi sei. Che Iddio conservi – 1758"
L’artista, appartenente con ogni probabilità alla scuola piemontese del secondo Settecento, dimostra una buona perizia esecutiva, in particolare nella resa delle stoffe e dell’incarnato, oltre a una marcata attenzione per la posa e la psicologia del giovane protagonista, ritratto con uno sguardo sereno e consapevole.
I ritratti di bambini nobili in tenuta da adulti erano comuni nelle famiglie aristocratiche europee del Settecento, in quanto simboli di continuità dinastica, educazione e virtù civiche. L’opera, per qualità e impostazione, si colloca nel solco della ritrattistica formale piemontese di metà Settecento, in dialogo con i modelli della corte sabauda e le influenze francesi.