La Francia è sempre stata considerata patria dei migliori ebanisti del XVIII secolo, i cui capolavori raggiungono nelle vendite internazionali le cifre più alte per quanto riguarda gli arredi. Sfogliando gli annali degli ebanisti è però curioso constatare come circa un terzo di loro sia costituito da immigrati provenienti, sotto il regno di Luigi XIV, soprattutto dall’Olanda e le Fiandre (il grande André-Charles Boulle era per esempio originario di Geldern), mentre nel corso del regno di Luigi XV una seconda generazione di ebanisti proveniva dalla Germania e soprattutto dalla Renania, come è il caso appunto di Benneman.
Il sistema corporativo esistente privilegiava però gli interessi di una classe di ebanisti parigini che avevano ottenuto la maîtrise; generalmente i nuovi arrivati si aggregavano in comunità fiammingo-tedesche come quella di Faubourg Saint-Antoine e lavoravano per conto di commercianti o di altri ebanisti-mercanti, i cosiddetti marchands-merciers, senza aver accesso alla clientela privata che rappresentava poi la fonte più remunerativa del loro lavoro.
Alla fine nel XVIII secolo, fama, ricchezza e gloria è riservata ai marchands-merciers arrivando al caso limite di Nicolas Héricourt, che dava lavoro a circa cento persone tra ebanisti, bronzisti, doratori, cesellatori, intagliatori, laccatori e fabbri, sebbene la corporazione per mantenere
il carattere di artigianalità prevedesse un massimo di due apprendisti e una sola bottega per ebanista. Questa divisione del lavoro dà comunque un’idea precisa di come il mobile fosse di fatto il prodotto finito di un lavoro collettivo che vedeva spesso impegnato anche il venditore, il quale forniva i disegni ideando quella che sarebbe poi stata l’opera finita.
Il Marchio nei mobili francesi, la cosiddetta stampigliatura
L’obbligo del marchio cominciò a diffondersi nel 1744 e si generalizzò dopo
il 1751, divenendo garanzia di qualità e permettendo ai maîtres ebanisti
di esercitare quasi un monopolio sul mercato parigino.
Questo costituiva inoltre una sorta di elemento pubblicitario e i mobili che spesso ne sono sprovvisti sono quelli realizzati da operai liberi che vendevano i loro prodotti ai marchands-merciers, i quali non volevano che fossero rinomati per paura di essere poi scavalcati dalla loro clientela. Si ha notizia di marchi abrasi o rimossi in origine proprio per questo motivo.
Spesso si trovano sui mobili due marchi differenti: è il caso di pezzi eseguiti in collaborazione o in subappalto, o in occasione di restauri o trasformazioni che prevedevano dunque l’apposizione di una seconda firma. Quello del marchand è solitamente di dimensione maggiore e in posizione più visibile, a testimonianza non tanto quindi di firma d’artista quanto di firma pubblicitaria.
Guillaume Benneman, biografia
Nato in Germania dove iniziò la sua formazione, si trasferì a Parigi e nel 1785 diventò maître ebanista, poi dal 1786 al 1792 ebanista al servizio della Corona potendo contare su sedici operai ai suoi ordini.
I primi incarichi consistettero in riparazioni o trasformazioni di mobili esistenti che venivano adattati alle nuove residenze o ai cambiamenti del gusto, preservando i preziosi bronzi dorati o le ancor più preziose lacche o copiando i costosissimi mobili di Riesner. A partire dal 1787 iniziò la realizzazione di creazioni originali con bronzi di gusto neoclassico che venivano fusi da Jean Forestier, cesellati da Pierre-Jean Thomire per essere poi dorati da Chavaron, e nel 1791 Luigi XVI in persona acquistò un cabinet dall’ebanista. Questi furono gli anni di maggior produzione, caratterizzati da mobili di altissimo livello ma dal costo più contenuto rispetto ad altri produttori, realizzando opere anche in bois jaune non lastronate ma arricchite da bronzi di finissima fattura, come è il caso della commode recentemente passata in asta nella vendita di mobili e dipinti antichi che partendo da 8.000-10.000 euro di stima è stata poi venduta alla cifra di 42.000 euro.