Agenore Fabbri è stato uno dei più grandi scultori italiani (e non solo) del novecento: vanta diverse partecipazioni e due sale personali alla Biennale di Venezia (nel 1952 e nel 1960), le sue opere di grandi dimensioni sono posizionate in diverse citta’ d’Italia come il “Monumento alla Resistenza” in Piazza dei Martiri a Savona (citta’ in cui morira’ nel 1998) e la “Condizione umana” in Piazza Alvar Aalto a Milano, altre si trovano nei musei di tutto il mondo eppure, ad oggi, il riscontro di mercato non è accostabile a ciò che l’artista ha rappresentato e al suo percorso espositivo. Forse perchè Fabbri non è un artista immediato o, se vogliamo, “facile”.
Durante la Seconda Guerra Mondiale presta servizio in Jugoslavia ed è proprio la guerra a segnare per sempre, o quasi, il suo percorso artistico, le sue opere ci parlano infatti di un tema sempre attuale ma di difficile accettazione: la sofferenza umana.
Il suo è un bisogno espressivo profondo che si manifesta in forme e modalità diverse fra loro, dalla terracotta, al legno e al bronzo (fra gli altri), frutto di una ricerca espressiva ed artistica che non si limita al figurativo ma va oltre, toccando l’informale con, ad esempio, i suoi legni feriti da profonde spaccature.
La rappresentazione del dolore dunque assume diversi aspetti, ma ciò che appare alla vista non è mai brutalmente esplicito, ciò che interessa all’artista infatti è una poetica introspezione trasformando il soggettivo in oggettivo, come se ci volesse dire che ciò che è successo sta davanti ai nostri occhi e fa parte della nostra memoria collettiva.
Incanalare l’operato di Fabbri nella creazione scultorea, tuttavia, è riduttivo. Da sempre grande disegnatore, all’inizio degli anni ‘80 decide di dedicarsi alla pittura, evitando in alcuni suoi lavori quella malinconia di fondo che ha accompagnato per tutta la vita la sua creatività.
Nei suoi dipinti astratti a volte a colpirci è la potenza espressiva ed altre, spesso, la presenza di materiali di recupero o di soggetti figurativi che all’inizio dell’osservazione da parte del fruitore sembrano solo abbozzati e poi diventanto protagonisti principali.
Per citare le parole di Agenore Fabbri stesso, penso che la sua ricerca si possa riassumere cosi: “...l’artista deve rivelare attraverso la forma i contenuti della storia, deve agire sulla materia e piegarla, attraverso una relazione sofferta fatta di sensi e di passione. Solo cosi potrà esprimere la sua realtà, intesa in un senso storico e dialettico”.
Daniele Palazzoli