Nella tornata primaverile della casa d’aste Cambi è stata proposta una serie
di porcellane fedeli repliche degli originali settecenteschi della Manifattura reale di Sassonia Meissen, la casa di produzione della città di Dresda.
Un breve cenno storiografico sulla scoperta o riscoperta della porcellana diventa necessario. Essa si deve alla caparbietà dell’alchimista J.F. Böttger che, nella forsennata rincorsa alla scoperta della pietra filosofale, imprigionato nella fortezza di Meissen dal suo sovrano Augusto il Forte, principe elettore di Sassonia e re di Polonia, incappa nella scoperta della formula della creazione della porcellana, fino ad allora privilegio gelosamente custodito dai cinesi.
Si pensi solamente che il costo della porcellana dell’epoca era paragonabile o forse superiore al prezzo dell’oro, e che per manifestare la propria potenza economica non vi era regnante che non riservasse una larga quota delle proprie ricchezze per l’acquisto della porcellana. La potentissima Compagnia delle Indie traeva enormi profitti dall’importazione dei manufatti orientali, e perciò l’invenzione o piuttosto la riscoperta della mescola delle terre effettuate dal tra il 1701 e il 1706 diede al re Augusto il Forte la possibilità di produrre in larga scala l’ambitissima e allora preziosissima porcellana a pasta dura, cosa che gli permise di rimpolpare le casse del suo regno disastrate a causa delle numerose guerre intraprese.
La manifattura eccelse non solo nella grande qualità della produzione degli oggetti ma fu, grazie ai suoi direttori nel tempo, una fucina inesauribile di soggetti sia nella decorazione del vasellame che nella modellazione delle sue celeberrime sculture che influenzarono tutte le altre manifatture occidentali costrette a rivaleggiare per originalità e delicatezza con Meissen.
Il fascino del lontano Oriente si rifletteva sin dal Seicento nelle decorazioni degli apparati di rappresentanza delle corti europee; le famose chinoiseries non potevano non essere fonte di ispirazione per i decoratori e i modellatori di Meissen. Eccone qui proposto un classico esempio nella Coppia di Malabar con strumenti musicali (lotto 1923) che sinuosamente sembrano riprodurre i suoni delle loro chitarre e nei delicati gruppi con donne cinesi che fanno rivivere la loro lontana terra qui da noi in Europa (lotti 1925, 1926).
La produzione della Casa non si limitò solo al riattamento del mondo orientale ma volle anche prendere dileggio dei costumi della società borghese del periodo, qui ben rappresentati con una versione del Sarto del conte Bruhl, gruppo a cavallo di una capra (lotto 1921) e del notissimo Concerto di scimmiette (lotto 171); i costumi non erano solo riprodotti in maniera ironica ma rispecchiavano anche le mansioni quotidiane, come le graziose figurine di contadini (lotto 1924) con ceste di frutta e altri attributi oppure l’Allegoria dell’Autunno, interpretata da un nugolo di fanciulli roteanti intorno a una pressa da incisore usata ironicamente per pigiare l’uva (lotto 1922).
Altro filone inesauribile di soggetti fu la Commedia dell’Arte italiana, che diede spunto a tante manifatture nella produzione di scenette galanti o singole figure riviste e corrette; tra le tante varianti dell’Arlecchino eccone presentato uno perfino in deguisé da scimmia (lotto 1820).
A completare l’offerta di questa tornata d’aste non poteva mancare un grandioso servito da tavola con piatti a tesa traforata, peculiarità che ne rendono al tempo stesso frivola e leggera la forma; il suo decoro trae ispirazione dagli studi naturalistici del periodo con riproduzioni di fiori noti come “Fiori Europei” (lotto 423).
La particolarità di questi esempi è stata quella della loro altissima qualità conservativa e della loro freschezza e vivacità decorativa che hanno reso i lotti, sebbene non fossero del loro periodo originale ma bensì prodotti in tempi non lontani, molto appetibili agli appassionati e collezionisti di porcellane antiche che si sono battuti per primeggiare nella gara alle acquisizioni superando di molto le stime di catalogo.
Davide Sestieri