La figura del Vescovo è assisa su uno stretto e agile trono, unica parte della scultura ad avere mantenuto la sua policromia originale. Due teorie orizzontali di arcatelle cieche sono rese con il colore nero, in netto contrasto con il bianco delle fasce di perline che a coppie le sovrastano. Questo tipo di trono, di derivazione orientale, può essere confrontato, nell'ambito della produzione artistica centro italiana, con quello di alcune Madonne ancora policrome dell'area a destra del Tevere (la Madonna con Bambino della Cattedrale di Arezzo; la Madonna con Bambino dell'Abbazia di Sant'Antimo) e con alcune dell'altra sponda, quella sud, soprattutto abruzzesi: Madonna delle concanelle, proveniente da Bugnara e ora esposta al Museo Nazionale d'Abruzzo a L'Aquila e alcune Madonne dipinte su tavola (ad esempio la Madonna del latte proveniente da Fossa, anche questa nello stesso Museo). Il grande fermaglio del piviale e qualche confronto con sculture transalpine (si veda ad esempio il Vescovo assiso, scultura francese della fine del XIII secolo, della collezione Dumoulin di Bruxelles, pubblicato da Boccador/Bresset, Statuaire Medievale de collection, Milano 1972, I, fig. 302) tradisce un influsso goticheggiante proveniente forse, dalla Napoli angioina, mentre altri confronti stilistici e temporali con qualche scultura ancora abruzzese (ad esempio il San Bartolomeo del Museo Nazionale d'Abruzzo pubblicato da E. Carli, La scultura lignea italiana, Milano 1960, tav. 17 con cui il nostro Vescovo riporta somiglianze soprattutto per quanto riguarda il volto, i capelli diseganti geometricamente, le orecchie e le mani) pongono il nostro vescovo con ogni probabilità nella produzione di quest'area geografica, in una data compresa tra la fine del XIII e l'inizio del XIV secolo. Cfr. L. Arbace (a cura di), La sapienza risplende, Madonne d'Abruzzo tre Medioevo e Rinascimento, Torino 2011, pp. 68-75 G. Previtali, Studi sulla scultura gotica in Italia, Torino 1991, pp. 45-82 L'opera è provvista di certificato di libera circolazione.