Il piccolo Crocifisso spicca per la sua alta qualità esecutiva. Il fine intaglio è ricoperto di una policromia piena e quasi smaltata che riporta, amplificandoli in chiave veristica, tutti i segni della passione subita da Cristo prima di essere crocifisso. La pelle tumefatta, lacera e sanguinante sia sulla schiena che sul petto, i capelli sudati e mossi dal vento, la rigorosa compostezza della figura abbandonata del Cristo, sono tutti rimandi espliciti alla scultura spagnola di XVII secolo. Il massimo interprete di questo tipo di scultura a Napoli alla fine del XVII ed inizio del XVIII secolo è senza dubbio Giacomo Colombo, scultore in legno e marmo, stuccatore e anche pittore (fu molto amico di Francesco Solimena). Non è un caso che sculture di Colombo si trovino anche in Spagna e soprattutto a Madrid, dove evidentemente la mano del maestro partenopeo era ben conosciuta. Il nostro crocifisso può essere messo in relazione a quello, veneratissimo per le sue opere miracolose, di Marcianise (in provincia di Caserta). Un altro crocifisso davvero sovrapponibile al nostro è quello scolpito da Carmine Latessa, frequentatore della bottega di Colombo per almeno dieci anni, ora conservato nella chiesa del convento di Santa Maria di Loreto a Toro (CB).