Datemi un tema e un luogo e io vi do un progetto

La tradizionale asta di Arti Decorative del XX secolo dello scorso 18 dicembre si è vista affiancare un sostanzioso catalogo di 220 pagine interamente dedicato al Design, un settore assai apprezzato anche tra i numerosi appassionati internazionali e che ha fornito risultati estremamente positivi e incoraggianti. È stato quello di dicembre un ottimo esordio quindi per il neo-nato dipartimento, che ha saputo orchestrare una vendita da oltre 400 lotti con pezzi di spicco del celebratissimo Design Italiano: i prodotti Azucena di Ignazio Gardella, le lampade per Arredoluce di Angelo Lelli e quelle per Arteluce di Gino Sarfatti, i lampadari per Fontana Arte di Pietro Chiesa e Max Ingrand, e ancora pezzi di Angelo Mangiarotti e Gio Ponti. E proprio Fontana Arte e Arredoluce Stilnovo Arteluce-Sarfatti, Ponti, Ingrand e Chiesa sono tornati protagonisti nel successivo appuntamento del 18 giugno, insieme a Ignazio Gardella, del quale sono state presentate tra gli altri lotti una coppia di poltrone Digamma e la libreria LiB2.
L’asta di Design di giugno ha infatti saputo riconfermarsi come evento di successo migliorando ancora le prestazioni della precedente edizione, con  l’88% di venduto per valore, e ponendosi così ai vertici delle vendite nazionali di settore.
Il pubblico internazionale, sempre attento alle firme più prestigiose del Made in Italy, è stato importante protagonista dell’andamento della vendita; questa larga partecipazione di acquirenti stranieri ha reso l’asta di Design uno degli appuntamenti di maggiore interesse  per la clientela estera.
E a proposito di Gardella, in occasione del Salone del Mobile che ha invaso in primavera le vie di Milano, dove nacque il design italiano, sono tornati attuali il suo pensiero e la sua attività. Nel 1954, su “Casabella”, in un articolo allora decisamente controriformista dal titolo Problemi della prefabbricazione, Gardella si disse preoccupato per la “pericolosa involuzione dei sistemi dell’artigianato”. Prima del 1947, per combattere questa deriva e proporre un suo metodo, aveva fondato Azucena, un tramite tra produttore, designer, artigiano e cliente. Il processo industriale, affiancato alla tradizione artigianale, dava il là alla produzione di oggetti complessi, costituiti da molti componenti: una sintesi sorprendente tra la produzione di massa razionale e il più raffinato artigianato.
L’anno scorso ha debuttato Segno Italiano1, il corrispettivo nel design di Eataly, un marchio di garanzia che, oltre a produrre, si occupa di recuperare la tradizione artigianale locale, tutelandola e promuovendone l’esportazione nel mondo. Sotto la sua protezione, la rinomata Chiavarina, rilanciata e rivisitata, ha ottenuto ottimi risultati nel mercato globale.
L’apparente contraddizione tra tradizione ed esperienza del passato e l’influsso modernista dell’ambiente milanese fanno di Gardella un predecessore di un nuovo corso, e la poltrona Digamma è uno dei primi pezzi che osa avventurarvisi. Oggetto chiave della produzione Azucena, la poltrona è una presenza eclettica che fonde un corpo razionalista, dai volumi geometrici ed essenziali, con estremità sensibili e ironiche.
Se è vero, come scrive André Breton, che “la bellezza sarà convulsa o non sarà affatto”2, chiaramente Digamma è,  oltre alla sua funzionalità, un pezzo eminentemente bello, un omaggio alla creatività italiana3. In questo contesto, Dino Gavina, fondatore di Gavina SpA, Flos e Simon, capace di intuire le implicazioni alla base di questo oggetto, di comprenderne la provocazione formale e culturale, che fondeva arte e industria superando il concetto di stile o di moda, disse della Digamma: “rappresenta la gioia della metamorfosi, in contrasto con la rigidità e la gravità di ciò che, al momento, è stato inteso come design”.