Il taglio del diamante. Brillantezza, fuoco, scintillio

Paragonare il taglio del diamante all’idea neoplatonica che Michelangelo aveva della scultura è meno azzardato di quanto possa sembrare.
Secondo il Buonarroti la scultura “si fa per via di levare”: l’artista libera con lo scalpello l’opera già contenuta nel blocco di marmo e così la bellezza nascosta viene rivelata dalla asportazione del superfluo.
Come lo scultore della concezione michelangiolesca porta alla luce l’opera levando la materia superflua, così il tagliatore estrae una gemma sfavillante liberandola dalla materia grezza. Grazie alla sua abilità, le superbe qualità ottiche del diamante, intrinseche e “nascoste” nel cristallo naturale, si sprigionano dalla gemma sfaccettata. La tipica lucentezza di un diamante ben tagliato e polito (lucidato) è così peculiare da essere detta “adamantina”, dal greco adamas (l’indomabile). Il taglio può essere definito come il contributo umano alla bellezza delle gemme. Esso condiziona l’aspetto e l’attrattività di un esemplare al punto da incidere sul suo valore.

LE 4 C DEL DIAMANTE

I parametri tenuti presenti nell’apprezzamento di un diamante tagliato vengono indicati con il termine complessivo delle “4 C”, dalle iniziali delle parole inglesi (adottate internazionalmente) Carat (Carati), Colour (Colore), Clarity (Caratteristiche Interne), Cut (Taglio). Nonostante quest’ultimo sia un parametro importante quanto gli altri, esso è spesso il più trascurato.
Di solito, in fase di transazione ci si preoccupa prevalentemente, dimensioni
a parte, del colore e della limpidezza dell’esemplare, dimenticando o ignorando l’importanza della qualità del taglio.
Davanti a ogni grezzo i tagliatori si trovano ad affrontare il dilemma tra il risultato estetico e la conservazione del maggior peso possibile, nella ricerca del compromesso migliore. L’abito cristallino, cioè la foggia del grezzo, condiziona la scelta della forma finale; per esempio, da un cristallo ottaedrico si ricaverà una gemma rotonda a brillante, da un cristallo piatto e allungato si otterrà una goccia o una navetta.
Nelle operazioni di taglio si perde mediamente circa il 50% del peso iniziale.
Poiché il taglio influenza anche gli altri fattori qualitativi, il tagliatore deve saper prevedere il risultato finale, valutando il potenziale del cristallo anche riguardo a Colore e Caratteristiche Interne. Il colore può risultare esaltato o, al contrario, mortificato a seconda della qualità del taglio. Per esempio, i rari diamanti rosa potrebbero impallidire o perdere del tutto la loro pregiata colorazione a causa di piccolissimi errori di taglio, con gravi ripercussioni economiche. Eventuali inclusioni potrebbero venire vantaggiosamente eliminate, mimetizzate o dissimulate da sapienti accorgimenti.
Per rendere l’idea della delicatezza delle decisioni sul taglio, basti pensare che ci vollero tre anni di studi (1988-1991) al team di Gabriel Tolkowsky (tra i più illustri tagliatori del mondo, pronipote del Marcel Tolkowsky di cui si parlerà più avanti), per trasformare un sorprendente diamante grezzo di 599 carati (119,80 grammi), scoperto nella sudafricana Premier Mine il 17 luglio 1986, nel favoloso Centenary Diamond di 273,85 carati (54,77 grammi). Naturalmente, questo è un esempio estremo, ma resta il fatto che il risultato finale di tutti i diamanti dipende da scelte ponderate dei tagliatori.
In gemmologia con Taglio si intende l’insieme delle faccette, lo stile di sfaccettatura (a brillante, a gradini, radiant, ecc.), la finitura, le proporzioni; mentre per forma si intende il contorno della pietra vista dall’alto.
Dunque, diamante è il minerale composto da carbonio che cristallizza nel sistema cristallino cubico, formatosi nel mantello – zona sottostante la crosta terrestre – a elevate temperature e pressioni, mentre il brillante è uno degli stili di taglio in cui il diamante, nonché qualsiasi altro materiale gemmologico naturale o artificiale, può essere foggiato. Il taglio rotondo a brillante, che si compone di 58 faccette (57 se l’apice è appuntito), è di certo il più popolare, al punto che nel tempo si è stabilita una identificazione del taglio (a brillante) con il minerale (diamante) quando il termine brillante è usato senza ulteriori specificazioni della sostanza da cui è stato ricavato.
Le altre forme – come rettangolare ad angoli tronchi, navetta (o marquise), goccia, ovale, cuore, e così via – sono più legate a mode, a gusti personali e a zone geografiche, tanto che in alcuni paesi certe forme possono essere preferite ad altre e quindi maggiormente valutate.
La Finitura è l’accuratezza dedicata dal tagliatore al compimento dell’opera. Essa comprende Simmetria e Politura. Con Simmetria si intende la corrispondenza ordinata ed equilibrata fra le parti che compongono la pietra sfaccettata. La grande maggioranza dei diamanti presenta variazioni di simmetria, come circonferenza non perfetta nelle forme rotonde, spessore variabile della cintura, faccette distorte, discostamenti da impercettibili a prominenti rispetto alla forma teorica, con diverse influenze sull’aspetto finale. La Politura è lo stato della superficie, che deve essere priva di graffi, abrasioni, irregolarità, segni di lavorazione, scheggiature. Si tratta di danni esteriori, prodotti già durante la lavorazione oppure dall’uso. Tali imperfezioni possono essere rimosse da una nuova lucidatura in taglieria con perdita di peso minima.
Il diamante è noto per essere il minerale più duro, ma spesso l’opinione comune confonde i concetti di durezza e tenacità. La durezza è la resistenza all’abrasione e alla scalfittura; la tenacità è la resistenza alla frattura e alla sfaldatura. Il diamante può essere scalfito solo da un altro diamante; tuttavia non è immune dalle rotture a causa della presenza di quattro sistemi di piani di sfaldatura.
La sfaldatura è la proprietà fisica di certe sostanze cristalline che, a seguito di urti, si dividono secondo piani cristallografici ben precisi, perpendicolari a legami interatomici più deboli. Se il cristallo si rompe secondo superfici irregolari, che non seguono le direzioni di sfaldatura, si parla di frattura.
A riprova del fatto che il diamante non è indistruttibile, talvolta lungo la circonferenza si possono osservare, seminascoste sotto le griffes della montatura, delle scheggiature più o meno ampie, causate spesso da operazioni di incassatura poco accurate.
Anche una caduta può causare danni, compromettendo l’apice oppure le punte di una goccia o di una navetta.
Se la conservazione del peso fosse l’unico obiettivo del tagliatore, egli non si preoccuperebbe di ottenere quei suggestivi effetti ottici tanto ricercati nel diamante. Il massimo di brillantezza, fuoco e scintillio è enfatizzato dall’applicazione di principi matematici entro un campo di variazione limitato, oltre il quale la bellezza e il pregio del diamante sarebbero compromessi.
Ogni singola faccetta e porzione della pietra sfaccettata concorrono all’esaltazione della sua bellezza. Il rapporto e l’interazione tra le dimensioni delle faccette e gli angoli di corona e padiglione sono fondamentali per il grado di lucentezza sprigionata dalla gemma, tanto che diamanti ben tagliati risultano più brillanti rispetto a quelli meno curati. In un brillante rotondo, corrette combinazioni tra percentuale della tavola, angoli della corona e del padiglione sono fattori fondamentali nell’esaltare la brillantezza, ossia l’effetto originato dalla riflessione interna ed esterna della luce.
I lampi di colori vividi (blu, arancio...) emanati da un diamante tagliato costituiscono il fuoco. Tali lampi, che scaturiscono principalmente dalle faccette della corona, sono dovuti alla dispersione della luce bianca che viene scissa nei colori dello spettro. L’equilibrio fra brillantezza e dispersione dipende per lo più dalle dimensioni della tavola e dall’angolo che la corona forma con il piano della cintura. In generale tavole ampie e angoli della corona bassi hanno un effetto negativo sul fuoco, il quale dipende anche dall’angolo di padiglione, dalla lunghezza delle faccette di stella e dalla lunghezza delle faccette inferiori di cintura.
Lo scintillio è il lampeggiamento visibile quando la pietra o la sorgente luminosa sono in movimento. Il contrasto tra aree luminose e aree scure deve essere ben bilanciato. Aree scure prominenti, i riflessi dell’apice nella corona o il cosiddetto “occhio di pesce”, ossia il riflesso biancastro della cintura intorno alla tavola, sono esempi di effetti che impoveriscono l’aspetto della gemma osservata dall’alto.
Tutte le parti del Taglio ricevono infine un grado di giudizio dal laboratorio gemmologico.
Il giudizio su Simmetria e Politura viene assegnato in base alla visibilità a 10 ingrandimenti (lentino e microscopio) delle caratteristiche sopra citate. I giudizi assegnati dal GIA (Gemological Institute of America) sono cinque: Excellent, Very Good, Good, Fair, Poor. La norma italiana UNI 9758 Diamante - Terminologia, classificazione, caratteristiche e metodi di prova, del luglio 2003 e attualmente in vigore, assegna invece quattro gradi: Ottima, Buona, Media, Scarsa. Da questa discrepanza risulta evidente che i risultati di giudizio sulla stessa pietra possono differire.
Le Proporzioni vengono valutate con specifici strumenti, i proporziometri.
Nella classificazione del taglio il GIA ha introdotto importanti novità. Dopo quindici anni di ricerca su oltre 2.300 campioni, l’istituto statunitense ha sviluppato il nuovo Cut grade, sistema di classificazione che si applica solo ai diamanti con taglio rotondo a brillante e colore nella gamma D-Z, applicato nei Reports GIA dal 2006. I gradi di taglio sono cinque: Excellent, Very Good, Good, Fair, Poor. La valutazione finale del grado di Taglio è determinata da proporzioni e finitura. Rispetto ad altri sistemi di classificazione, il GIA non considera isolatamente le singole proporzioni, come indipendenti una dall’altra, ma valuta il modo in cui esse interagiscono fra loro. La bellezza di un diamante è data dalla somma delle sue parti e quindi è I’interazione tra i parametri a determinare il grado finale. Da questa valutazione tridimensionale deriva che non esiste più un set ristretto di proporzioni, una ricetta unica per ottenere un taglio ottimale, ma esistono molte possibili combinazioni di proporzioni. E infatti due diamanti con lo stesso Cut grade non necessariamente possono presentare lo stesso aspetto.
I diamanti che, a parità degli altri parametri qualitativi (Carat, Colour, Clarity), ottengono Excellent nel Cut grade in Polish e in Simmetry sono naturalmente i più pregiati.
I diamanti con gradi bassi, Fair e Poor, non di rado sono sottoposti a ritaglio per migliorarne la qualità.
Nel commercio, a parità di tutti gli altri parametri, tra due pietre, di cui una con grado Good di Simmetria e Excellent di Politura, e l’altra con valutazioni invertite, è maggiormente valutata la seconda, poiché gli eventuali interventi di ritocco sono più invasivi e comportano una maggior perdita di peso rispetto a una semplice rilucidatura della superficie.
Esempi di categorie di tagli scadenti sono dati da diamanti che presentano cinture spesse, corone e padiglioni alti, con un diametro che appare inferiore a quello che dovrebbe essere se si tenesse conto del peso effettivo; visti dall’alto appaiono più piccoli di quanto non siano in realtà. Insomma, in fase di transazione, viene pagato un peso “nascosto” che non è apprezzabile nel diamante quando è montato.
Esiste anche il caso opposto, cioè quello di diamanti con padiglione e corona troppo bassi rispetto al diametro. In questo caso l’esemplare osservato dall’alto appare di peso maggiore rispetto a quello effettivo.
In entrambi i casi la brillantezza non è ottimale, in quanto una parte della luce sfugge dal padiglione invece di tornare all’occhio dell’osservatore, e la pietra ha meno “vita”.
La Norma UNI sopra citata valuta i parametri singolarmente, a ognuno dei quali assegna un giudizio: Inusuale, Buono, Molto Buono. Il giudizio complessivo finale è determinato dalla singola valutazione più bassa tra quelle attribuite alla pietra. Il diverso metodo di valutazione tra il GIA e la normativa UNI può essere causa di un giudizio discordante.
Il giudizio sulle proporzioni secondo la normativa UNI viene attribuito solo a diamanti rotondi a brillante di massa pari o superiore a 0,30 carati.
Per quanto riguarda forme e stili diversi da quella a brillante rotondo, che per brevità chiameremo tagli “fantasia”, nel settore non esiste concordanza sulle proporzioni preferibili. Di conseguenza, il campo di variazione è molto più ampio. Per esempio, nel taglio cosiddetto “a smeraldo” sono comuni proporzioni con percentuali di tavola oltre il 70%: un valore inusuale per il taglio a brillante, per il quale la percentuale di tavola è compresa nella maggior parte dei casi fra il 55 e il 65%.
Nelle altre forme la variabilità dei diversi elementi è ancora più ampia. L’armonia dei tagli “fantasia” secondo alcuni operatori di settore dipende in particolare dal rapporto fra lunghezza e larghezza, ossia la proporzione numerica fra le due dimensioni che varia a seconda delle diverse forme. Alcuni rapporti lunghezza/larghezza sono più piacevoli e riscuotono la preferenza del pubblico; di conseguenza sono diventati standard per i tagliatori. Per la forma ovale, ad esempio, il rapporto preferito è compreso fra 1,33:1 e 1,66:1, per la forma a navetta rientra fra 1,75:1 e 2,25:1, e così via. Al di fuori di questi parametri, le forme si presenterebbero troppo corte e tozze oppure troppo lunghe e sottili.
Discorso a sé è il cosiddetto “taglio vecchio”, categoria che raggruppa quei diamanti tagliati rotondi o a cuscino con lo stile e le proporzioni che costituiscono gli immediati precursori del brillante moderno, precedente l’avvento di strumenti di taglio innovativi, come la sega circolare diamantata, e gli studi matematici delle proporzioni dei primi decenni del XX secolo. Questi diamanti presentano tavole piccole, apici molto ampi, storicamente noti come tavole inferiori, e sono piuttosto alti. Benché agli occhi di alcuni posseggano il fascino della “patina del tempo”, spesso vengono ritagliati per omologarli al gusto attuale, rendendoli così più commerciali. Il valore di questi old cuts viene rapportato al peso stimato finale successivo al restyling.
Naturalmente i diamanti d’epoca sono esenti dai giudizi sulle proporzioni, che sarebbero impietosi, non essendo appunto parametrabili ai criteri odierni.
Ancora oggi capita di sentir parlare di “taglio Amsterdam”. Il nome deriva dal fatto che la capitale olandese è stata nei secoli passati un centro internazionale del taglio dei diamanti, prima di cedere la corona ad Anversa. Di fatto, però, non esistono specifici parametri matematici proporzionali che identifichino un taglio Amsterdam.
Al contrario, il cosiddetto “Taglio Ideale Americano” si basa su una gamma ristretta di parametri proporzionali ben definiti. Nel 1919 Marcel Tolkowsky pubblicò a Londra Diamond Design, il primo studio delle proporzioni di taglio basato su fondamenti matematici e sulle conoscenze ottiche dell’epoca. Questo modello, diverso dal tipico aspetto dei vecchi tagli ancora prevalenti a quel tempo, e che divenne noto appunto come American Ideal Cut, Tolkowsky Cut o Modern Brilliant Cut, supportava matematicamente le nuove tendenze che si stavano affacciando allora sul mercato, soprattutto negli Stati Uniti. Il lavoro di Tolkowsky fu un contributo fondamentale per l’affermazione del brillante rotondo standard.
Misure, angoli, proporzioni e percentuali possono far apparire meno romantico e attraente il fattore Taglio rispetto a Colore e Caratteristiche Interne. Eppure l’aspetto complessivo del diamante sfaccettato è il risultato delle relazioni fra questi elementi: l’armonia e la sua bellezza dipendono da un delicato equilibrio di tutte le parti che lo compongono. Per questo la quarta C, un fattore complesso, quasi mai pienamente compreso, dovrebbe riscuotere più attenzione nell’apprezzamento di un diamante.
Il taglio è il risultato del lavoro di professionisti specializzati, i tagliatori, la cui opera è oggetto del giudizio di altri professionisti altrettanto specializzati, i gemmologi.